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People

Gli anni romani di Lucio Dalla, la storia della Sera dei Miracoli e di Banana Republic

Abitava a Trastevere in VIcolo del Buco 7. Gli anni del sodalizio con De Gregori

Lucio Dalla e Francesco De Gregori, il primo tour nel 1979. [ARCHIVE MATERIAL 19781130 ] © ANSA
  • di A.M.
  • 01 marzo 2021
  • 17:42

Lucio Dalla visse a Roma, arrivò intorno alla metà degli anni Sessanta, anni incredibili di solitudini, di incontri, di amicizie e di nascita di grandi capolavori. 1 marzo 2012 - 1 marzo 2021 : nove anni fa ci lasciava. Ecco, in omaggio al grande artista bolognese e alla sua musica, per gentile concessione della casa editrice Diarkos alcune parti di un capitolo sugli anni romani, pieno di curiosità e di informazioni inedite. E' tratto da "LUCIO DALLA. La vita, le canzoni, le passioni"di Salvatore Coccoluto.
"Si sistemò nella periferia, precisamente a Mentana, nella casa di Sergio Bardotti, uno degli autori dei suoi primi brani. Nel libro-intervista Canzone per te – Appunti di musica leggera (1957-2007), Bardotti descrisse in questo modo la sua abitazione dell’epoca: Era diventata un piccolo villaggio di musicisti. C’era questa villa, adattata alle esigenze di più persone. La periferia settentrionale della Capitale, le vie consolari Nomentana e Tiburtina molto vicine tra loro, gli stabilimenti della RCA non molto distanti: una posizione strategica. Ci vivevamo io, Sergio Endrigo, Ennio Morricone e Luis Bacalov, in case abbastanza vicine l’una all’altra. […] In un enorme scantinato mi ero inventato l’appartamento per Lucio, il quale, potendo contare su un suo ingresso indipendente, veniva quando voleva. Era casa sua. […] Era il mio fratellino: gli perdonavo anche di portarmi via ogni tanto un libro, spesso dei dischi.Fu in quel periodo romano che gli capitò di giocare a flipper con Andy Warhol, senza sapere chi fosse, rimanendo affascinato dalle sue abilità di giocatore.
Ma fu alla fine degli anni Settanta che Lucio comprò una casa nel cuore di Roma, nel quartiere di Trastevere, in Vicolo del Buco al civico 7, dove oggi campeggia una targa che ricorda la sua permanenza nell’abitazione in cui dimorò fino alla metà degli anni Ottanta. Impresso sulla targa un verso de La sera dei miracoli, canzone che meglio ha rappresentato il suo vissuto romano: «In questa casa ha vissuto Lucio Dalla (1943-2012) protagonista della musica italiana. È la notte dei miracoli, fai attenzione, qualcuno nei vicoli di Roma ha scritto una canzone». Nell’appartamento c’era poca luce ma un pianoforte illuminava la stanza con le note che Dalla ogni sera regalava a sé e ai suoi vicini.


Figlia di quel periodo nella Capitale è, senza ombra di dubbio, l’esperienza di Banana Republic, uno dei memorabili episodi non solo della carriera di Lucio Dalla e di Francesco De Gregori, ma della storia della musica italiana in generale. Un tour e un disco che idealmente segnarono un passaggio epocale. Gli anni Settanta, infatti, erano stati un decennio caldo per la categoria dei cantautori, contestati aspramente dalla sinistra extraparlamentare. Ad alcuni artisti fu impedito addirittura di esibirsi, altri furono vittime di sabotaggi e processi pubblici. Alla base c’era l’idea che i cantautori dovessero mettere le loro canzoni e il loro impegno al servizio della protesta che attraversava il Paese. Sotto processo finirono le canzoni, i cachet dei concerti, i prezzi dei biglietti. Nessuno rimase immune da questi attacchi: chi più e chi meno fu contestato in vari momenti e con diversa intensità.
Fare il cantautore in quegli anni era sicuramente molto difficile. Anche per uno come Lucio. Nonostante fosse dichiaratamente di sinistra e apprezzato dal pubblico più estremista, Dalla non fu risparmiato da questa ondata di violenza: durante un concerto nel cortile del Castello Sforzesco di Milano, un bottiglia incendiaria volò sul palco a ricordargli che anche lui non era abbastanza allineato con la lotta.
Molto più eclatante, invece, ciò che accadde a Francesco De Gregori, contestato in diverse occasioni e sottoposto a un processo pubblico al Palalido di Milano il 2 aprile 1976, durante il tour del disco Buffalo Bill. De Gregori venne insultato e costretto a interrompere la propria esibizione, venne seguito nel camerino, trascinato sul palco e sottoposto a un processo pubblico, durante il quale gli venne chiesto di rinunciare al suo cachet per dimostrare di essere un “vero compagno”. Accusato di disimpegno e di essere di sinistra soltanto a parole, De Gregori uscì fuori da quella serata disgustato: annullò gran parte delle date del tour e sparì dalle scene per un anno e mezzo.
Fu Lucio Dalla a riportarlo sul palco con il tour negli stadi di Banana Republic. Un evento che segnò la fine dell’epoca in cui anche la musica doveva essere per forza sinonimo di impegno e lotta politica. De Gregori trovò nuovi stimoli in quell’estroso folletto bolognese, ma soprattutto da un’amicizia e una sintonia che si era evoluta nel tempo. Nel 2017 De Gregori ha raccontato a Luca Valtorta la loro collaborazione in questi termini: "Io stavo alla IT, una piccolissima etichetta discografica che faceva capo a Vincenzo Micocci che Lucio, che aveva preso da poco casa a Roma, frequentava perché c’era anche Ron. C’era un pianoforte, lui a volte si metteva lì e suonava. Era già famoso, aveva fatto 4 marzo 1943. A poco a poco ci siamo incuriositi l’uno dell’altro e così capitava che suonassimo insieme e poi magari partecipavamo ai rispettivi concerti. Era un’atmosfera un po’ da gita scolastica, tipo: «Lucio, stasera io suono a Viterbo» «Ok, vengo anch’io» e magari saliva sul palco con me e faceva una cosa col clarinetto...Ecco, questo era il clima. E quindi Banana Republic non fu altro che il coronamento di questa amicizia”.
De Gregori amava molto la musica di Lucio, la trovava innovativa e stimolante. A colpirlo erano stati soprattutto i tre dischi realizzati con Roberto Roversi, ma la stima era reciproca ed entrambi erano incuriositi dal mondo dell’altro. Poi in occasione di uno dei tanti pranzi a casa del cantautore romano, in cui i commensali erano Dalla e Ron, ci fu un allineamento di circostanze che diede il via a questa storica collaborazione. «Mi feci trovare intento a scrivere la canzone Ma come fanno i marinai» ha raccontato De Gregori a Mario Luzzato Fegiz nel 2012. «Forse già mentre la pensavo ipotizzavo che, assieme a Lucio, sarebbe potuta diventare una cosa forte, importante e divertente. E lui la sentì, se ne innamorò, ci mise subito un bel riff di clarinetto all’inizio, aggiunse, cambiò, migliorò, la rese decisamente più “commestibile”, più adatta alle nostre due vocalità». Ne venne fuori un 45 giri, uscito nel novembre 1978, che aveva sul lato A Ma come fanno i marinai e sul lato B Cosa sarà.
Nacque in quei giorni l’idea di andare in tour insieme negli stadi, strutture che da tempo non erano più utilizzate per la musica dal vivo a causa degli incidenti accaduti negli ultimi anni, complice il fervente clima politico. A detta di Gaetano Curreri, al tempo musicista della band di Lucio, che oggi tutti conoscono come leader degli Stadio e pregevole compositore, Dalla e Renzo Cremonini ebbero un’idea che alla fine risultò vincente per evitare che ci fossero tensioni dentro e fuori gli stadi: riuscirono a evitare la presenza della polizia, affidando la sicurezza al servizio d’ordine della CGIL, formato da operai della FIOM, i quali trovarono gli “argomenti” giusti per far desistere chiunque volesse entrare gratis.
Il tour Banana Republic toccò i principali impianti sportivi italiani tra giugno e luglio del 1979 e raccolse più di seicentomila spettatori. Oltre a Dalla, che suonava sax, clarinetto e pianoforte elettrico, e De Gregori alla chitarra acustica, lo spettacolo riunì una line-up di musicisti eccellenti, a cominciare dal gruppo che accompagnava Dalla dal 1977, formato dal già citato Gaetano Curreri alle tastiere, Giovanni Pezzolli alla batteria, Marco Nanni al basso, Fabio Liberatori alle tastiere e Ricky Portera alla chitarra. Altro nome di spicco quello di Rosalino Cellammare, in arte Ron, che alla chitarra acustica e al pianoforte rappresentava più di un semplice strumentista, era infatti un accorto e meticoloso consulente musicale. L’album, che conteneva il brano Banana Republic, traduzione di un pezzo di Steve Goodman, e una versione rock di Un gelato al limon di Paolo Conte, è ormai nella storia della discografia italiana, sia per la bellezza che la svolta simbolica che ha rappresentato. A rendere questo tour ancora più accattivante furono gli oltre 100 minuti di immagini che andarono a costituire l’omonimo film, uscito sempre quell’anno nelle sale cinematografiche con la regia di Ottavio Fabbri, in cui alle immagini live si alternavano le interviste ai protagonisti.
Dalla amava attribuire soprannomi a tutte le persone che gravitavano nel suo mondo, compresi i suoi musicisti: Curreri era “il viareggino”, Liberatori “il fagiano”, Pezzoli “il babbo”, Portera “Zi”, Nanni “dolce”. E prima di partire per il tour di Banana Republic decise di trovare anche un nome alla band che l’accompagnava, tenendo insieme questi musicisti che erano sulla stessa sua lunghezza d’onda. Così nacquero gli Stadio, il cui nome mise tutti d’accordo considerata la passione per lo sport, in particolare per il calcio e per il basket, di Lucio e di alcuni membri del gruppo. Come vedremo più avanti, nel corso degli anni Ottanta la band riscuoterà parecchio successo, associando il proprio nome anche al cinema, fino a rendersi definitivamente indipendenti da Lucio nella seconda metà del decennio.
Dopo Banana Republic, proseguì il periodo di grazia creativa con un nuovo disco, in cui raggiunse l’apice compositivo. Anche questa volta il titolo è molto semplice: Dalla. ..L’album venne registrato allo storico Stone Castle Studios di Carimate, ma contiene indizi del suo periodo romano. Uno dei principali si intitola La sera dei miracoli, brano che racconta Roma, la magia di una città che sa emozionare, da sempre, nonostante le sue contraddizioni. Ho immaginato tante volte Lucio seduto al pianforte della sua casa di Vicolo del Buco, a Trastevere, ad ascoltare i rumori della notte, le voci dei passanti, i cani che abbaiano e il canto di un uomo. E lui a riportare sul suo taccuino i versi di questa canzone. L’album si chiude con le visioni di Futura, un altro capolavoro entrato di diritto tra i brani senza età, l’ennesima perla della produzione di Dalla. Nonostante sia stata scritto in un preciso momento storico, in piena Guerra Fredda, la canzone, che nelle intenzioni iniziali dell’artista doveva essere la sceneggiatura del suo primo film, è ancora di forte attualità, probabilmente perché racconta un sentimento universale. «Futura l’ho scritta dopo una visita a Berlino. Credo fosse il 1979. Berlino ovest era tutta una luce, Berlino est tutta buia» ha raccontato Dalla a Beppe Severgnini nella primavera del 1997...L’album Dalla ebbe un enorme successo di pubblico e di critica, vendendo oltre 600.000 copie e confermando lo stato di grazia creativa del cantautore bolognese. Il 33 giri successivo fu 1983, che corrispose a una fase di crisi. Lucio si era infatti dedicato totalmente ai progetti degli altri, a lanciare le carriere degli Stadio e di Ron, divertendosi a scrivere e arrangiare i brani senza particolari patemi... In quel frangente di crisi, in cui pensò addirittura di smettere di fare musica, arrivando a dichiararlo apertamente anche nelle interviste dell’epoca, iniziò la lunga collaborazione con il musicista e arrangiatore Mauro Malavasi, altra figura importantissima per la musica di Dalla, e a volgere nuovamente lo sguardo verso la sua Bologna dove, fondò la sua factory, attorniandosi di nuovi collaboratori. Cercava stimoli, movimento, preparandosi così a sorprendere tutti, nella seconda metà degli anni Ottanta, con Caruso e l’inaspettato tour Dalla/Morandi.

  • di A.M.
  • 01 marzo 2021
  • 17:42

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