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Il cibo come 'vaccino', così la pandemia cambia lo stile alimentare degli italiani

Il cibo come 'vaccino', così la pandemia cambia lo stile alimentare degli italiani

Cibi più freschi, frutta e verdura, meno sprechi e più manicaretti

13 novembre 2020, 11:40

di A.M.

ANSACheck

Pasta fatta in casa, una tradizione riscoperta nel lockdown foto iStock. - RIPRODUZIONE RISERVATA

Pasta fatta in casa, una tradizione riscoperta nel lockdown foto iStock. - RIPRODUZIONE RISERVATA
Pasta fatta in casa, una tradizione riscoperta nel lockdown foto iStock. - RIPRODUZIONE RISERVATA

“Il cibo è un vaccino?", il tema nel 2020 della pandemia è interessante. Come è cambiata la tavola degli italiani in questo periodo? Dopo il primo lockdown 4 su 10 hanno cambiato il loro stile alimentare e 6 italiani su 10 dichiarano di privilegiare abitualmente un regime nutrizionale ispirato alla dieta mediterranea perché più salutare, con cibi freschi, molta frutta e verdura, legumi e proteine prevalentemente vegetali. Il 43,5% degli intervistati ha dichiarato di aver acquistato più verdure fresche, il 43,1% degli intervistati di aver acquistato più frutta fresca e il 36,8% di aver acquistato più legumi. Il 60,3% degli intervistati ha dichiarato di aver acquistato più farina e lievito. Sono le evidenze di una ricerca dell’Osservatorio Waste Watcher (Last Minute Market / Swg) realizzata in occasione del 16 novembre 2020, decennale della proclamazione della Dieta Mediterranea patrimonio immateriale Unesco.
Il 27% degli intervistati ha dichiarato di essere attento alle scelte di una alimentazione proteica per affrontare le difficoltà del 2020 fra la prima e la seconda ondata pandemica. Una percentuale superiore, il 33%, guarda anche ai “comfort food” come dolci e cioccolata per smorzare l’ansia del periodo e ritrovare momenti di gratificazione. 
La dieta mediterranea è al centro di un’evoluzione più complessa negli stili di vita e di scelte alimentari: la lunga permanenza fra le mura domestiche, nel 2020 del covid-19, ha introdotto buone pratiche nella pianificazione dell’acquisto, gestione e fruizione del cibo, favorendo la prevenzione degli sprechi. Il 68% considera la dieta mediterranea determinante o utile per la prevenzione dello spreco alimentare. Un italiano su 2 (51,6%) dichiara di sprecare senz’altro di meno adesso, malgrado sia aumentato l’acquisto dei generi alimentari nel 58% dei casi. In particolare si è ridotto lo spreco di farina e lievito per il 43,2% dei cittadini, di avanzi dei pasti precedenti nel 45% dei casi, di carni rosse e bianche e di latte per 4 italiani su 10 (dati Distal Università di Bologna/SprecoZero). La maggiore disponibilità di tempo, favorita dallo smart working, permette agli italiani di dedicare più tempo alla cucina: lo dichiara il 58.6% degli intervistati. A sorpresa: il pesce (38%) attira più della carne, e di pari passo con l’attrazione per i fornelli cala l’interesse per i prodotti pronti di gastronomia (27%) e solo 1 italiano su 5 pratica talvolta il take away (21%). 
Nella ricerca emerge che ben sei italiani su 10 dichiarano di aver cambiato il modo di fare la spesa: il 25% anche in ragione di un diminuito potere d’acquisto, per sostenere i costi, ma il 18% dichiara di essere più selettivo nella qualità del cibo acquistato. Un italiano su 10 riscopre i negozi al dettaglio e il 9% si dedica all’e-commerce anche per l’acquisto di prodotti alimentari. Ancora: 1 italiano su 2 (il 47,2%) ha introdotto la lista della spesa e il 20% dichiara di averla sistematicamente adottata, mentre 1 consumatore su 10 ha riscoperto i negozi al dettaglio. Un italiano su 2 acquista più di prima prodotti a lunga conservazione e ingredienti per piatti da preparare in famiglia (dolci, focacce, ecc). Alimentarsi in modo sano e sostenibile costa 7,28€ in meno a persona a settimana, visto che forse a sorpresa, il carrello settimanale per la spesa della dieta mediterranea costa infatti 46,27€, a differenza di quello standard che ha un costo di 53,55€.
Andrea Segrè, fondatore Last Minute Market e campagna Spreco Zero osserva che "i dati dell’indagine Waste Watcher sono importanti perché gli attuali sistemi alimentari non generano problemi solo per la salute umana, ma anche all'ambiente in cui si produce il cibo L'agricoltura è responsabile del 30% delle emissioni di gas serra e del 70% dello sfruttamento e dello spreco delle risorse naturali. Una dieta sostenibile dovrebbe garantire la sicurezza alimentare, promuovere stili di vita sani, evitare perdite e sprechi alimentari, contribuire alla riduzione degli impatti ambientali e al miglioramento del benessere delle generazioni attuali e future. La dieta mediterranea va appunto in questa direzione: la riduzione delle perdite e degli sprechi alimentari contribuisce a migliorare la sostenibilità dei sistemi e può contribuire alla riduzione delle emissioni di gas serra. Il raggiungimento di un sistema di produzione alimentare sostenibile e la riduzione dello spreco di cibo sono fondamentali per contrastare la malnutrizione e la sottoalimentazione di larghe fasce di donne e uomini sulla terra».

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