Sono trascorsi venticinque anni
dall'approvazione della legge n.109 del 7 marzo 1996 che andava
a completare la Rognoni La Torre del 1982 sul versante della
restituzione alla collettività dei beni tolti ai mafiosi.
"Un'intuizione e un sogno che si realizzava a Palermo, in
Sicilia e poi in tutta Italia, tenendo viva la memoria delle
vittime innocenti della violenza criminale e mafiosa. Strumenti
di prevenzione antimafia che i clan mafiosi hanno provato sempre
ad ostacolare, perché hanno inferto un duro colpo al loro potere
economico e di controllo del territorio, tentando azioni
elusive, di condizionamenti fino ai danneggiamenti ed alcune
volte alla distruzione dei beni stessi". Lo dice il presidente
di Libera, don Luigi Ciotti, che oggi fa un bilancio sul
riutilizzo sociale dei beni confiscati, evidenziando
innanzitutto le positività di un percorso e di tante esperienze
nate grazie alla presenza di beni, immobili, mobili e aziendali,
sottratti alla disponibilità delle mafie, delle varie forme di
criminalità economica e finanziaria (dal riciclaggio all'usura,
dal caporalato alle ecomafie) e di corruzione.
Beni che sono diventati opportunità di impegno responsabile
per il bene comune. Più di 900 oggi sono le realtà
dell'associazionismo e della cooperazione che hanno avuto in
assegnazione beni immobili e aziendali confiscati e sono
impegnate nella loro gestione per finalità di inclusione, di
promozione cooperativa e di economia sociale, di aggregazione
giovanile e servizi alle persone, di rigenerazione urbana e
sostenibilità ambientale. Più di 1000 i Comuni a cui sono stati
destinati i beni immobili confiscati in tutta Italia.
"Ma il contributo che il sempre più vasto patrimonio dei beni
mobili, immobili e aziendali sequestrati e confiscati alle
mafie, alla criminalità economica e ai corrotti può apportare
agli sforzi per assicurare una ripresa nel nostro Paese post
pandemia - osserva don Ciotti - sarebbe sicuramente maggiore se
tutti i beni fossero rapidamente restituiti alla collettività e
le politiche sociali diventassero una priorità politica a
sostegno dei diritti all'abitare, alla salute pubblica, alla
sostenibilità ambientale, al lavoro dignitoso ed ai percorsi
educativi e culturali. Da questo punto di vista, va nella giusta
direzione l'inserimento della valorizzazione pubblica e sociale
dei beni confiscati nei principali documenti di programmazione
economica e di coesione territoriale" (Strategia nazionale
approvata nel 2018, Piano per il Sud 2030, Accordo di
partenariato per l'utilizzo dei fondi della coesione nazionali
ed europei, bozza del Piano nazionale di ripresa e resilienza
Next Generation Eu).
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