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Treni, bus e navi all'idrogeno per la ecotransizione

Treni, bus e navi all'idrogeno per la ecotransizione

H2IT: Italia ha competenze, Recovery per sviluppare la filiera

ROMA, 17 aprile 2021, 16:54

Redazione ANSA

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Impianto per la produzione di idrogeno - RIPRODUZIONE RISERVATA

Impianto per la produzione di idrogeno - RIPRODUZIONE RISERVATA
Impianto per la produzione di idrogeno - RIPRODUZIONE RISERVATA

di Stefano Secondino Treni, autobus, taxi, flotte aziendali, mezzi di movimentazione nei porti, acciaierie, navi.
    Sono gli usi possibili dell'idrogeno per la transizione ecologica, per decarbonizzare l'economia già da oggi. In più, l'idrogeno può essere mescolato con il metano, per ridurre le emissioni di carbonio da questo gas. L'Italia ha competenze industriali su tutta la filiera, dalla produzione al trasporto all'utilizzo. Ora le aziende chiedono di usare i soldi del Recovery Plan per sostenere questa filiera e per farla crescere.
    "L'idrogeno è un vettore energetico chiave, imprescindibile per la transizione ecologica - spiega Cristina Maggi, direttrice di H2IT, l'associazione di categoria delle imprese del settore -. Può contribuire a decarbonizzare vari settori: mobilità, industria, produzione di energia, riscaldamento".
    Sulla mobilità, l'idrogeno serve soprattutto per il trasporto pesante. Per le auto private, l'elettrico è più concorrenziale, date le batterie leggere e la presenza di una rete di distribuzione diffusa. L'idrogeno non è facile da trasportare, e questo rende difficile impiantare una rete capillare di distributori. Ma per camion, treni, mezzi di movimentazione e navi, le batterie elettriche sarebbero troppo pesanti, e l'idrogeno è la scelta migliore per azzerare le emissioni. Basta un centro di produzione vicino al porto, all'autoporto o alla fabbrica. E questa soluzione potrebbe essere conveniente anche per taxi e flotte aziendali.
    "Adesso il problema è costruire le infrastrutture - spiega Maggi -. Quando ci saranno, aumenterà la competitività dell'idrogeno. La tecnologia c'è, non bisogna inventarsi nulla.
    C'è ancora un problema di costi, ma occorre dare un sostegno allo sviluppo per farli calare". In Italia ci sono pochi centri di produzione, pochissimi di idrogeno green, e un solo distributore al pubblico (a Bolzano). In pratica, la rete è quasi tutta da fare. "Ma nel nostro paese abbiamo competenze su tutta la filiera - dice Maggi -. Abbiamo grandi aziende come Snam, Fincantieri, Sapio, tante pmi di componentistica, come Solid Power che fa le celle combustibili. E poi ci sono startup interessanti che si affacciano nel settore".
    Snam ha già sperimentato con successo il trasporto di idrogeno nelle condotte mescolato al metano, in percentuale del 5% e anche del 10%. Un modo per ridurre le emissioni di carbonio negli usi industriali e domestici, in una prima fase della transizione ecologica. E poi c'è la possibilità di usare l'idrogeno nella acciaierie, al posto del carbone. Un'opzione della quale si è parlato a lungo per l'Ilva di Taranto.
    L'obbiettivo finale della transizione è avere tutto idrogeno verde, prodotto dall'acqua con le fonti rinnovabili: centrali solari ed eoliche grandi e piccole, magari nel Sud Italia o nel Nordafrica, al servizio di centri di produzione, e una rete di condotte dedicate che portino il gas nei centri di distribuzione. "Con il Recovery Plan bisogna sostenere lo sviluppo di tutta la filiera - conclude la direttrice di H2IT -, destinando anche fondi alla ricerca".
   

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