Roberto Cingolani, nuovo
superministro per l'Ambiente e la Transizione ecologica è stato
fra i primi a lasciare il Quirinale subito dopo il giuramento
del nuovo governo Draghi. Governo che alla sua figura ha
devoluto gran parte dei poteri e la scommessa sull'utilizzo dei
fondi europei del Recovery trovando in questa nuova struttura
anche la sintesi politica con il M5S.
A chi gli domandava se fosse emozionato, Cingolani ha
risposto scuotendo il capo, come a dire di no: "Sto andando a
lavorare" dirigendosi verso Palazzo Chigi. E di lavoro ce ne
sarà tanto da fare anche confrontando quella che sarà
l'esperienza italiana con quanto sta accadendo o è già accaduto
in altri paesi, ad iniziare dalla Francia, dove i primi passaggi
in questa direzione hanno trovato grande ostacolo nella stagione
dei gilet gialli. Si tratterà quindi anche di comunicare
l'importanza e le tappe di questo processo che dovrà
accompagnare l'unica fonte di lavoro e sviluppo per il futuro
dei giovani. Del resto il presidente del Consiglio aveva fatto
trapelare già durante le consultazioni che l'ambiente sarebbe
stato il tema su cui basare l'azione di governo, anche nel
rispetto delle indicazioni europee che dedicano pure buona parte
del bilancio pluriennale Ue al 'green deal'. Ed oggi Draghi lo
ha detto chiaramente ai ministri: "il nostro sarà un governo
ambientalista".
L'anima del nuovo superministero dell'Ambiente e della
Transizione ecologica sarà quindi un dicastero che assorbe anche
le competenze energetiche che ora fanno capo al Mise. Il
ministro avrà anche il compito di presiedere il comitato per il
coordinamento della transizione ecologica, assumendo di fatto la
regia del cambiamento (e probabilmente anche del Piano di
ripresa e resilienza), affiancato da un altro tecnico, Vittorio
Colao, che dovrà seguire il processo, altrettanto necessario e
parallelo, dello sviluppo della fibra, della digitalizzazione,
insomma di tutto quello che la pandemia ha dimostrato essere
necessario per la resilienza davanti ad eventuali future crisi.
Resilienza e svolta green. Per quest'ultima c'è in gioco il
37% del Recovery italiano, qualcosa come 77 miliardi da
destinare alla conversione verde con il probabile modello di
arrivare a un dicastero che alle competenze dell'Ambiente unisce
appunto le attuali direzioni dell'energia, l'economia circolare,
gli incentivi alla sostenibilità oggi appannaggio del Mise e
probabilmente alcune competenze dell'Agricoltura sempre legate
allo sviluppo sostenibile. Un processo complesso di reindirizzo
delle strutture, che avrà bisogno di un apposito provvedimento
legislativo per gli accorpamenti e di un po' di tempo per essere
avviato ma il cui iter dovrebbe partire a breve dopo una prima
discussione già oggi in Consiglio. Nessun iter formale,
tuttavia, è stato avviato nella riunione e per il nuovo
ministero, così come per lo scorporo del Turismo dal dicastero
della Cultura, servirà una legge ad hoc, molto probabilmente
nella forma di un decreto.
Sul tappeto del nuovo ministero intanto resta tra le priorità
il clima, con i due obiettivi Ue al 2030 e al 2050 di aumentare
l'impegno di taglio dei gas serra dal 40 al 55 per cento e
raggiungere la neutralità climatica; poi tutto il comparto
energetico con in primo piano lo sforzo di raddoppiare la
crescita delle rinnovabili, attivare una vera e propria economia
circolare e intervenire sui trasporti. Senza dimenticare la
partita dei rifiuti, con gli impianti ancora al palo che non
consentono di avviare il riuso dei materiali, e la sostenibilità
delle città. Il 10 febbraio scorso l'Italia, con il ministro
uscente dell'Ambiente aveva appena trasmesso a Bruxelles la
strategia di sviluppo a basse emissioni nell'ambito degli
impegni dell'Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici, che
invitava i Paesi firmatari a comunicare entro il 2020 i propri
piani. Insomma un processo di reindirizzo delle strutture
complesso, da qui quindi la voglia di lavorare sodo e da subito
fatta trapelare da Cingolani.
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